L’ipocrita verità dello slow
Siamo ufficialmente entrati nell’era dello slow everything.
Slow food, slow living, slow fashion, slow travel. Tutto lento, tutto consapevole, tutto molto affascinante… almeno sulla carta.
La verità è che corriamo sempre, anche quando non abbiamo fretta.
Anche a Natale. Siamo tempestati di messaggi istituzionali, articoli, libri e post che ci dicono di rallentare, di respirare, di vivere consapevolmente… ma, nella realtà, la maggior parte di noi è ancora in corsa tra notifiche, scadenze e impegni.
Poi però non rispondi ad un messaggio WhatsApp entro cinque minuti e parte automaticamente una puntata di “Chi l’ha visto?” tutta dedicata a te.
Viviamo in un’epoca in cui possiamo meditare, respirare profondamente, fare yoga all’alba… ma non possiamo permetterci il lusso di essere momentaneamente irreperibili.
Nemmeno per la doccia.
Nemmeno per vivere.
L’assenza diventa sospetta
Siamo talmente abituati ad essere sempre online che l’assenza è diventata sospetta.
Non rispondi?
“Starà bene?”
“Tutto ok?”
“Ma hai letto?”
Nel mentre io stavo solo facendo una cosa fuori dallo schermo.
La cosa buffa è che applichiamo la regola dello slow a tutto, tranne che alla comunicazione.
Lì vige una legge particolare per cui:
– puoi mandare vocali lunghissimi
– anche più di uno
– anche senza un filo logico
E io dovrei ascoltarli tutti. Subito. Con attenzione.
Accetterei di ascoltare vocali da quattro minuti solo se contenessero le istruzioni dettagliate per ottenere una casa gratis a Bali con rendita garantita sino al 3030.
In tutti gli altri casi, possiamo anche scriverci.
Con calma. Con le parole.
Che funzionano ancora benissimo.
Lo slow everything sul lavoro

Anche lavorativamente parlando, la fretta è ovunque.
Prendete me per esempio: sono una designer, non un primario di cardiologia al Seattle Grace Hospital. Non sono reperibile h24 e non devo esserlo.
Eppure c’è sempre qualcuno che ti scrive alle 22 di domenica sul numero lavorativo per chiederti delle cose che potevano tranquillamente aspettare le 9 del lunedì. Gente che parla come se di un anello ne andasse la sua vita.
Calma gente… Calma.
E no, non è che stressare il prossimo ti renda più figo o più professionale. I veri professionisti danno il massimo nel tempo che dedicano al lavoro, ma sanno anche dare il massimo nella loro vita privata, che è altrettanto importante.
Nota anagrafica inevitabile (sì, ho la mia età)
Se aveste vissuto la mia infanzia – oh signur parlo come mia mamma – avreste conosciuto:
– le cabine telefoniche
– le 200 lire
– i messaggi da massimo 60 caratteri
E quando le cose costano, magicamente, la gente pensa prima di usarle. Nessuno avrebbe mai sprecato credito per dire “ok” in tre messaggi diversi.
Forse non eravamo più profondi.
Ma di sicuro eravamo più essenziali.
Lo slow everything applicato alla formazione
Ecco dove lo slow everything ha davvero senso: nella formazione.
I tutorial di YouTube sono utilissimi. Lo dico senza ironia: li uso anch’io.
In cucina, soprattutto. Senza, probabilmente, mangerei solo pasta in bianco.
Ma la formazione fatta di fretta – quella consumata a velocità 1.75, saltando i passaggi “perché tanto ho capito”- non funziona. E, personalmente, non la condivido.
( E sappiate che ogni volta che qualcuno mi dice ” tranquilla Prof, poi guardo il tutorial su YouTube“.. beh, credo che una fatina nel mondo muoia. Io sicuramente ho un piccolo sussulto al cuore).
Imparare qualcosa sul serio richiede tempo, errori, ripetizioni.
Richiede anche il diritto di non capire subito.
Di tornare indietro. Di rallentare.
Perché non tutto può (o deve) essere ottimizzato.
Rallentare non significa fare meno.
Significa fare meglio.
E scegliere dove vale davvero la pena investire attenzione, energia, presenza.
Non in ogni notifica.
Non in ogni messaggio.
Ma in ciò che resta.
Il mio augurio di Natale per voi
Io vi auguro un Natale gentile.
Che sia lento quanto basta, imperfetto il giusto e soprattutto vostro.
Grazie a chi legge, a chi torna, a chi si prende il tempo di farlo.
Ci rivediamo nel 2026.
Con calma.




