Diciamolo subito, così ci togliamo il pensiero: il pavé nel 3D non è difficile perché “ci sono tante pietre”.
E’ difficile perché non ammette errori, perché sembra semplice solo a chi non l’ha mai portato davvero fino in produzione, e perché mette insieme geometria, incastri, tolleranze, estetica e buon senso. Tutte insieme. Nello stesso file.
E’ uno di quei casi in cui il software non ti salva.
Anzi: spesso ti guarda, in silenzio, mentre fai un vero disastro.
Cos’è davvero un pavé (spoiler: non è un pattern copiato)
Il pavé, nella gioielleria vera, non è una decorazione.
E’ una struttura.

Ogni pietra ha:
– una sede corretta
– uno spazio reale per il metallo
– una distanza precisa dalle altre
– una logica di montaggio
Nel 3D questo significa una cosa molto semplice: non puoi improvvisare. Se copi, incolli, scali “a occhio” o ti affidi solo ad un automatismo, il risultato magari sembrerà bello.. Finché non arriva il banco orafo o la fusione a ricordarti che la realtà esiste. E solitamente non è gentile.
Perché il pavé è una delle lavorazioni più difficili in assoluto
Il pavé è difficile perché:
– richiede precisione micrometrica
– non perdona errori di scala
– rende visibili anche i difetti minuscoli
– moltiplica i problemi (se sbagli su una pietra, sbagli tutto)
In più c’è un dettaglio che viene spesso ignorato: un pavé deve essere progettato pensando a chi lo monterà, non solo a chi lo renderizza.
Ed è proprio qui che molti modelli “bellissimi” muoiono giovani finendo nel cestino del Pc.
Il grande tranello di Rhinoceros (che nessuno ti dice all’inizio)
Rhinoceros è uno strumento potentissimo.
Talmente potente che ti permette di disegnare praticamente qualsiasi cosa, anche cose che non potranno mai essere stampate, fuse o montate.
Non perché sia sbagliato il programma – anzi – ma perché Rhino non nasce specificatamente per la gioielleria.
Non ha vincoli “educativi”. Non ti dice: “guarda che così non si fa”.
Ti lascia libero. Totalmente libero.
E la libertà, senza conoscenza, è pericolosa.
Le booleane, poi, fanno la loro parte: tolleranze minime, superfici che sembrano unirsi e invece no, operazioni che funzionano una volta sì e la volta dopo ti fanno venir voglia di parlare con il computer come se fosse una persona. (Spoiler: non serve. Non risponde.)
Nel pavé, questa libertà diventa un problema enorme se manca una base tecnica.
E’ un po’ come fare pasticceria senza sapere temperature e pesi: puoi anche avere gli ingredienti migliori, ma il risultato finale sarà…memorabile. In senso negativo purtroppo.
Pavé lineare vs pavé a nido d’ape: non è solo una scelta estetica
Pavé lineare

E’ il più usato, soprattutto per quanto riguarda fedi, verette ed anelli classici.
Le pietre sono allineate su righe regolari, dando un effetto visivo esteticamente pulito ed elegante.
Pro: più facile da controllare, più prevedibile in produzione, più adatto a superfici regolari.
Contro: meno movimento visivo, richiede grande precisione sugli allineamenti
Pavé a nido d’ape

Qui entriamo nel territorio pericoloso (ma bellissimo).
Le pietre sono sfalsate, seguono uno schema geometrico regolare a celle esagonali, proprio come un alveare.
Pro: aspetto elegante e uniforme, molto luminoso, funziona bene su superfici curve e complesse, alta definizione in rendering.
Contro: Incastri troppo ravvicinati possono creare problemi di intersezioni, richiede più tempo di modellazione e gestione dei materiali, rendering realistico impegnativo (riflessioni multiple e dispersione della luce).
Non è una questione di “meglio o peggio”. Si tratta di sapere quale usare, quando e perché.
Plugin per il pavé: utili sì, miracolosi no
Esistono plugin e strumenti che promettono pavé automatici.
E diciamolo, possono essere davvero utili, soprattutto per velocizzare alcune fasi della modellazione. Ma se doveste sentire qualcuno dire che i plugin fanno miracoli…beh, semplicemente vi sta mentendo!
Il problema è che questi plugin pensano alla distribuzione delle pietre ma non pensano al montaggio successivo e non conoscono il lavoro al banco orafo.
Il risultato? Spazi spesso non realistici, metallo insufficiente, sedi difficoltose da rifinire e modelli che “al banco orafo non stanno in piedi”.
Il plugin non è il nemico. Usarlo senza sapere cosa stai facendo, sì.
Il punto chiave è che un buon pavé 3D non nasce da quante pietre riesci a far entrare, quanto è fitto o quanto brilla nel render. Ciò che rende un pavé un ottimo lavoro è la conoscenza tecnica, l’esperienza ed il rispetto dei reali limiti del materiale che userai per la fusione.
Ed è esattamente per questo che il pavé è una delle lavorazioni più difficili, ma anche una delle più affascinanti.
Una nota finale (per chi lo sa già… e per chi lo sta scoprendo ora).
Se stai leggendo questo articolo e pensi: “sì, il pavé è complicato, lo so”, probabilmente hai già intuito quanto sia importante studiarlo bene.
Se invece pensi: “non pensavo che fosse così tecnico”, allora sei nel posto giusto per iniziare.
Io insegno il pavé per la gioielleria proprio perché è una delle lavorazioni più delicate e sottovalutate nel 3D.
E, se tutto va come previsto, verrà inserito nei miei percorsi formativi anche un mini corso intensivo dedicato esclusivamente al pavé: un modulo più breve, ma estremamente focalizzato, pensato per chi vuole capire davvero come progettare pavé solidi, realistici e producibili.
Perché certe cose non si improvvisano.
Si imparano. (e se lo dice anche Jack Black potete fidarvi!)




